Il “posizionamento”, questo sconosciuto…

Quali sono i fattori determinanti del “brand positiong”? Che cosa, in sostanza, induce un consumatore ad acquistare un prodotto piuttosto che un altro?

Ci sono svariati miti da sfatare in questo campo: non è innanzitutto il fattore prezzo. Basta guardarsi intorno: il mercato pullula di prodotti ben più economici di quelli rinomati. Vendono sicuramente, ed hanno un loro “mercato”, ma non lo dominano. Le scarpe ginniche a buon – anzi ottimo – mercato vendute dai tunisini al mercato serttimanale hanno indubbiamente una loro quota di mercato: ma per quanto scimmiottino (o addirittura plagino) i grandi marchi, non ne “rubano” o scalfiscono il brand.

matitaE anche la qualità – checché si possa pensare – non è un fattore determinante: basta guardarsi intorno. Per ogni settore merceologico, potremmo individuare i prodotti “migliori” per qualità o anche per rapporto qualità prezzo. Ma sulla qualità i consumatori non sempre sono così convinti: come si fa a stabilire tra due prodotti – un’auto, un PC, un succo di frutta, un capo d’abbigliamento – qual è qualitativamente il “migliore”? Non è affatto agevole.

E poi, i prodotti di qualità – quali che siano – sono anche i più venduti sul mercato? Spesso, spessissimo, no.

E allora? E allora il brand positioning è altra cosa e risente di altri fattori. Ha a che fare con la testa, il sentimento e la percezione del consumatore. Se nella sua testa, nel momento in cui si parla di penne, scatterà l’immagine della penna Bic, hai voglia a disquisire su qualità, prezzo e quant’altro…

Una buona strategia di posizionamento quindi deve puntare dritto alla testa e al cuore del consumatore finale. Perché se riesce ad entrarvi e far “scattare” le giuste leve motivazionali…poi non ci sarà concorrenza che possa scalzare via. Se scattano queste, tutto il resto – qualità, prezzo, etc. – va a farsi benedire.

Come farlo? Con strategie di comunicazioni mirate che partono dalle qualità reali e intrinseche del prodotto/servizio. Senza camuffamenti, senza finzioni, senza enfatizzazioni. Comunicare non è mentire, ma trasmettere le giuste sensazioni, i giusti messaggi non al “mucchio”, non ad una platea “indifferenziata”. Ma al nostro “target”. Si chiama “focalizzazione”. Tutto il resto è sparare nel mucchio. Può pure funzionale, ma ci vuole tanta tanta fortuna…Simili strategie, alla Ipse, preferiamo dirottarle sul gioco del Lotto o sul Gratta e Vinci. Per i nostri clienti, scegliamo altre strade…

I social network a servizio del marketing

Tra gli addetti ai lavori è un fatto noto: i social non servono per vendere. Ma allora quale supporto possono offrire alle strategie di marketing e comunicazione? La risposta in un caso di scuola, che rende bene l’idea di quanto le potenzialità di una buona campagna di marketing sui social media siano enormi: ma per intercettarle, bisogna monitorare con cura, approfondire tecniche e linguaggi, intervenire nel momento e nel modo giusto.

Peter Shankman, durante il volo New York-Tampa ha un attacco di fame. Con il suo smartphone, approfittando della rete wifi di bordo, pubblica un tweet in cui, menzionando il nickname di nota catena di ristorazione americana, Morton’s Steakhouse, la sua preferita, scrive ironicamente che, al suo aServizio6rrivo in aeroporto, gradirebbe per rifocillarsi una delle loro rinomate bistecche ai ferri.

Al suo arrivo, Peter trova un addetto della catena, in divisa, che gli serve una bistecca ai ferri in un vassoio, tra fotografi e persone stupite: in poco tempo, il suo tweet ha fatto scattare un meccanismo virale: l’azienda viene citata migliaia di volte, peraltro positivamente, con indubbi vantaggi sulla brand awareness. Il tutto, al prezzo di una bistecca ai ferri…

Il fatto, realmente avvenuto, rende perfettamente l’idea di come un semplice tweet e una “trovata” ben congegnata, possano sortire più effetti di milionari investimenti in complesse e multicanali strategie di marketing. Ma occorre un gruppo efficiente e moderno sempre connesso alla rete che sia in grado di monitorare i canali strategici ed avvisare in tempo reale.

Senza una reazione pronta ed efficace, il monitoraggio non sarebbe stato sufficiente.

Il “pacco” dello spot “incluso nel pacchetto”

La stragrande maggioranza dei committenti se lo ritrova incluso nel “pacchetto” della “messa in onda” delle emittenti. Poche centinaia di euro, qualche volta addirittura gratis per programmazioni di medio-lungo periodo, ed il gioco è fatto. Pronto lo spot (che poi è quasi sempre uguale agli altri spot, medesimo taglio tecnico, identica impostazione, addirittura stessa voceSPOT narrante…).

Eppure non esiste “strategia” più errata (se un tale “modus operandi” può essere qualificato come strategia). Progettazione, produzione e programmazione dello spot non sono ingredienti che si possono miscelare a piacimento, o confondere alla rinfusa. Il brodo che ne verrà fuori vanificherà – o nella migliore delle ipotesi – ridurrà al minimo l’efficacia della campagna.

Di questi tempi non è questo un grandissimo spreco di tempo, energie e risorse economiche?

E allora meglio ottimizzare le risorse e lasciare ad ognuno il proprio ruolo e il proprio compito, pianificando al meglio la nostra strategia. Il segreto è tutto qui: “pianificare” e “progettare”, perché p una corretta, organica ed efficace progettazione della strategia che consente di ottimizzare risorse e risultati.

Produrre uno spot non è cosa che si improvvisa dall’oggi al domani o che si può buttar dentro un “pacchetto della messa in onda”. È probabilemente il cuore della nostra campagna. È il veicolo del nostro messaggio. Accettereste di correre una corsa d’auto con un’auto “inclusa in un pacchetto” di cui non sapete nulla? E che magari stride con la gara che state per correre o con la vostra strategia?

Una produzione oculata impone un piano di lavoro efficace e una metodologia adeguata. Il lancio di un prodotto sul mercato dipende anche (se non soprattutto) da quei pochi secondi. Girare uno spot – sia esso destinato al web o alla televisione – impone uno studio che, sia ben chiaro, potrebbe anche essere più conveniente di quanto pensi. Purché si parta da un lavoro organico, ben strutturato e pianificato, e da un’idea efficace. Se tutto questo c’è, a monte, si può realizzare uno spot anche con un budget molto basso.

Il “pacco” dello spot “low cost” è bene quindi lasciarlo a chi lo propone, perché erode buona parte dell’efficacia della campagna (nostre stime: almeno il 40%). Che ognuno faccia il suo mestiere. Le stesse fasce orarie di programmazione, non sono le emittenti a doverle scegliere. Non è la medesima cosa programmare uno spot alle 11 del mattino o appena tre ore dopo, alle 14.

Oggi investire in pubblicità e comunicazione è importante: ma fondamentale è ottimizzare le risorse, evitando “sprechi” e “pacchi”.

Giocare o economizzare sull’immagine di un marchio, di un prodotto o di un servizio, non è mai buona cosa e non trasmette mai buoni messaggi.

Val la pena pensarci bene, quindi, prima di accettare e sottoscrivere il “pacco”.